Author page: Michela Chinosi

Trapianto di midollo

Salve,
mi rivolgo a Voi per avere qualche informazione in più riguardo i trapianti di midollo osseo anche da familiare compatibile a 50%. Ho una sorella di 30 anni alla quale è stata recentemente diagnosticata una LMA (non conosco il cariotipo), ha subito effettuato il primo ciclo di chemioterapia di induzione ed ha appena finito un secondo ciclo di consolidamento. I test di compatibilità hanno evidenziato una compatibilità al 50% con l’altra sorella.

Vorrei cortesemente avere il Vostro punto di vista riguardo tale effettiva possibilità, e quali siano in Italia o all’Estero gli eventuali centri di riferimento (immagino che tali informazioni siano comunque disponibili anche presso la Clinica ove è in cura attualmente). Grazie per la gentile attenzione.
Anonimo

Risposta
Il trapianto di midollo da donatore familiare compatibile solo al 50% può trovare indicazione nella LMA solo in casi selezionati e a prognosi particolarmente sfavorevole, comunque non all’esordio di malattia. La sua eventuale esecuzione va valutata rispetto alla possibilità di trovare un donatore non familiare nei registri internazionali e il relativo livello di compatibilità con la paziente. Il Centro di Perugia (prof Martelli -Dott Aversa) ha la maggiore esperienza al mondo in tema di trapianti da donatore compatibile al 50%. Le caratteristiche del cariotipo e l’ottenimento della remissione completa dopo il primo ciclo di terapia sono comunque elementi da tenere in considerazione prima di qualsiasi decisione. Auguri

Mielodisplasie

E’ stata diagnosticata a mio suocero di 70 anni una mielodisplasia tipo AREB-T. Vorrei sapere quali sono le possibilità di una guarigione completa e le terapie utili per debellare la malattia.

Risposta

La diagnosi di mielodisplasia tipo AREB-T non è stata più inserita nella più recente classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulle malattie del sangue, che considera la presenza di 20-30% di blasti leucemici nel midollo (criterio per fare diagnosi di AREB-T secondo la vecchia classificazione) come criterio sufficiente per parlare di leucemia acuta.

In realtà dal punto di vista clinico le AREB-T/leucemie acute hanno spesso un decorso subacuto. La prognosi è comunque sfavorevole e la sopravvivenza media è di soli 6-8 mesi, anche se ci sono pazienti che sopravvivono anni senza gravi complicanze. Purtroppo queste malattie non hanno possibilità di cura efficace, soprattutto nelle persone anziane che non sono in grado di tollerare chemioterapie aggressive o il trapianto di cellule staminali/midollo da donatore, uniche modalità terapeutiche finora in grado di ottenere la guarigione, in pazienti giovani. La terapia standard è quella di supporto con trasfusioni, antibiotici se necessario, piccole dosi di cortisone etc. I dati più importanti circa la possibilità di fare qualcosa in più rispetto alla sola terapia di supporto riguardano: a) la eventuale presenza di altre malattie nel paziente (malattie del cuore, del fegato etc) b) il tipo di anomalie riscontrate nei cromosomi delle cellule del midollo del paziente, che non so se siano state ricercate in questo caso. Con i migliori auguri

Mielodisplasie

Ad un mio parente di 79 anni, è stata riscontrata una mielodsplasia (pre-leucemia) non severa circa 1,5 anni fa. All’inzio è stato trattato con eritropietina e zarzio per globuli bianchi, dopo di che è stata soppressa la cura perchè sembra non dare risultati. In tutto il periodo sono state fatte trasfusioni che riportavano livelli di emoglobina a valori non normali ma almeno accettabili. Ora dopo varie prove e verifiche e dopo aver anche cercato di iniziare la cura con Exjade per ridurre il ferro nel sangue sono passati a provare una cura con punture sottopelle di Azacitidina.

Ora dopo primo cilco fatto circa 20 giorni fa la persona è continuamente fuori e dentro da ospedale per infezioni e febbri e comunque continua ad avere bisogno di trasfusioni anche di piastrine. E’ trattato ad antibiotici ecc. ORA VOLEVO UN CONSIGLIO SE QUESTO MODO DI PROCEDERE E’ CORRETTO O SE CI SIANO SOLUZIONI ALTERNATIVE PER DARE SUPPORTO DURANTE QUESTA CURA CON AZACITIDINA. E ANCHE CAPIRE IL RISCHIO DI TUTTO QUESTO.
(Quesito firmato)

Risposta

Egregio Signore
L’iter terapeutico del suo parente è quello che viene normalmente seguito nei casi di mielodisplasia. Nel caso del paziente, le diverse terapie hanno seguito le fasi della malattia, che si è purtroppo progressivamente aggravata, come è peraltro da attendersi per la storia naturale della mielodisplasia, malattia che tende a evolvere, con tempi variabili da paziente a paziente, verso una leucemia acuta. Questo comporta progressivamente una carente produzione di cellule del sangue e quindi la progressiva dipendenza da trasfusioni e l’aumento del rischio di infezioni e di emorragie per carenza di globuli bianchi e piastrine. Le terapie che abbiamo a disposizione, eccetto il trapianto di midollo da donatore sano non fattibile sopra i 65-70 anni, non sono risolutive e cercano di rallentare l’evoluzione della malattia. Anche l’azacitidina ha questo obiettivo, con percentuali di successo anche solo transitorio, non elevate. E’ purtroppo l’unico farmaco che abbiamo a disposizione oltre alla terapia di supporto trasfusionale e antibiotica. Non dovrebbe essere la sola causa delle complicazioni che ha avuto il paziente, che sono attribuibile anche alla stessa malattia. La sua prosecuzione andrà valutata in base al rapporto costo/beneficio che è sempre variabile da paziente a paziente. Se le complicanze o i problemi intercorrenti sono eccessivi, si dovrà rinunciare. Se riuscisse a proseguire, una valutazione complessiva sull’efficacia dovrebbe essere fatta dopo sei cicli.
Con i nostri migliori auguri

Sindromi mieloproliferative

Impronta trombocitemica

Salve, sono un donatore di sangue e fino ad oggi non ho sofferto di particolari problemi di salute. Recentemente è stato rilevato un anomalo aumento delle piastrine. Il valore, nel susseguirsi delle varie analisi effettuate, varia fra le 400000 e 700000. Gli altri valori dell’emocromo e del ferro risultano nella norma, tranne un valore lievemente alto del colesterolo (di cui peraltro ho sempre sofferto) a 235. Mi è stata suggerita una visita ematologica, in seguito alla quale mi è stato eseguita aspirazione del midollo ed analisi. La diagnosi è stata quella di “quadro compatibile con sindrome mieloproliferativa cronica ad impronta trombocitemica”.

Sono stato tranquillizzato dai medici, che mi hanno consigliato di effettuare emocromo a cadenza trimestrale e di assumere mezza aspirina a giorni alterni e di tenerli informati. Rimango tuttavia con il dubbio se mi convenga fare altri tipi di accertamenti per confermare la diagnosi, o se ciò che è stato fatto fino ad ora sia più che sufficiente (come mi è stato detto dai medici). Ringrazio per l’attenzione e, confidando in una Vs gentile risposta, Vi saluto e Vi ringrazio per il servizio.

Anonimo

Risposta 

Il riscontro occasionale di un aumento delle piastrine asintomatico è sempre più frequente da quando si fanno molti esami di checkup per vari motivi. La trombocitemia essenziale, per la cui diagnosi sarebbe formalmente necessaria una conta piastrinica di almeno 700000/mmc, è in effetti una causa frequente di piastrinosi. Se sono state escluse malattie di tipo infiammatorio che potrebbero essere causa di piastrinosi reattiva (almeno la VES e la PCR dovrebbero essere normali) non sono necessari altri accertamenti. La prognosi della trombocitemia è relativamente buona e il rischio di accidenti vascolari (trombosi, ictus etc) è basso, essendo correlato principalmente all’età avanzata e ad una storia di precedenti eventi trombotici. Che la riduzione della conta piastrinica sia efficace nel ridurre questo rischio è dimostrato solo in pazienti di età superiore a 60 anni e con conta piastrinica superiore a 600-700000/mmc. La terapia antiaggregante instaurata non ridurrà il numero delle piastrine ma, facendole funzionare meno, dovrebbe ridurre il rischio vascolare (uso il condizionale perchè ciò è stato formalmente dimostrato solo recentemente e per una patologia simile alla trombocitemia chiamata policitemia vera). Ovviamente vanno tenuti sotto controllo altri potenziali fattori di rischio vascolare oltre al colesterolo (pressione, glicemia, fumo etc) che avrebbero un effetto addittivo.

Sindromi mieloproliferative

Trombocitemia essenziale – decorso e terapie

Gentili Dottori, mia madre di anni 74, da circa due risulta affetta da trombocitemia essenziale, diagnosticata presso l’Ospedale di Bari. Dall’esordio della malattia i valori dell’emocromo erano: G.B.5.000.000; G.B. 10000; HGB 17; PLT 700.000 ecc.. Attualmente, dopo l’assunzione periodica dell’idrossiurea e aspirina 100mg i valori delle plt sono intorno alle 400.000. Desidero conoscere il decorso della malattia, atteso che la paziente non ha mai avuto problemi vascolari e simili, se ci sono nuovi farmaci tipo “glivec” nonchè altre delucidazioni della specie.

GRAZIE.

Anonimo

 

Risposta 

La trombocitemia essenziale è malattia cronica relativamente benigna, che può dare problemi soprattutto di tipo vascolare (trombosi, emorragie). Ha un modesto rischio di trasformazione verso forme acute anche leucemiche, ma non è chiaro se ciò sia legato alla malattia in sè oppure ai farmaci che in passato sono stati utilizzati per il controllo delle piastrine e che avevano, essi stessi, un potenziale leucemogeno.  L’idrossiurea non comporta un rischio dimostrato di trasformazione leucemica ed è sicuramente la terapia di prima scelta all’età della paziente, essendo provato che i pazienti trattati con idrossiurea hanno una sopravvivenza maggiore e un minor numero di complicanze vascolari rispetto ai non trattati. L’anagrelide è un farmaco nuovo il cui utilizzo potrebbe essere indicato se l’idrossiurea causasse un calo eccessivo di globuli bianchi e di emoglobina alle dosi necessarie per mantenere controllata la conta piastrinica, ma non mi sembra questo il caso della paziente. Visto il buon risultato della terapia, l’attesa di vita della paziente non si dovrebbe discostare significativamente da quella di una persona di pari età, il tutto purchè la paziente continui i periodici controlli presso la struttura ematologica dove è in cura che è certamente fra le migliori.

Cordiali saluti e auguri

Leucemia mieloide cronica

A mio padre è’ stato diagnosticato una leucemia mieloide cronica, ma non ho ben capito a quale stadio è giunta la malattia. Se può essere utile, dall’esame del cariotipo è emersa la seguente condizione: 45-46,XY,t(9;22)(q34;q11)[22]46,XY[3] Potreste dirmi qualcosa in più? Grazie e buon lavoro

Anonimo

 

Risposta

L’esame del cariotipo conferma la diagnosi di leucemia mieloide cronica. La presenza di metafasi normali oltre a quelle indicative della malattia lascerebbe pensare che la leucemia si trovi in fase cronica iniziale. Tuttavia per la diagnosi di fase è necessario sapere la % di blasti nel midollo e nel sangue, e sono anche utili cenni sulla storia clinica e i seguenti parametri per valutare l’eventuale rischio di trasformazione in fase acuta: età, n° di piastrine, dimensioni della milza (quanti cm deborda dall’arcata costale). Comunque dovrà iniziare una terapia con Glivec, preceduta o meno da un periodo di terapia con Oncocarbide, a un dosaggio da stabilire conoscendo i dati di cui sopra.

Cordialità

Leucemia mieloide cronica

A mio padre, che ha 64 anni ed è cardiopatico, è stata diagnosticata una leucosi mieloide cronica.Sta rispondendo bene ai farmaci, vorrei gentilmente sapere se trovando un donatore compatibile sarebbe possibile un trapianto vista l’età e la sua cardiopatia e anche quanto generalmente può vivere un paziente che contrae questa malattia.

Grazie.

Anonimo

Risposta

La terapia di prima scelta nel paziente proposto è sicuramente il Glivec (imatinib), alla dose di 400mg/die se, come è verosimile, il paziente alla diagnosi è in fase cronica.Si discute sull’indicazione al trapianto da donatore, che fino all’avvento del Glivec era l’unica terapia curativa per la leucemia mieloide cronica. Comunque l’indicazione al trapianto, per i rischi di mortalità dello stesso che aumentano proporzionalmente all’età, era riservata a pazienti di età <50-55 anni con donatore in famiglia e a pazienti ancora più giovani con donatore volontario extrafamigliare. Età e cardiopatia controindicano perciò il ricorso al trapianto di midollo all’esordio di malattia.La cardiopatia non dovrebbe creare problemi alla terapia con Glivec, salvo per la possibilità che compaiano edemi declivi, peraltro gestibili con l’aggiunta di diuretico. La sopravvivenza di questa malattia non è prevedibile dall’avvento del Glivec, essendo sicuramente superiore ai 4-5 anni dell’epoca preGlivec. Usiamo questo farmaco da pochi anni e i risultati sono così buoni che è possibile sperare nella guarigione definitiva, ma per fare previsioni affidabili dobbiamo aspettare che passino ancora alcuni anni.

Restiamo a disposizione

Leucemia mieloide cronica

A mia mamma, che ha 56 anni, e’ stata diagnosticata una leucemia mieloide cronica il 13 novembre 2003. I sintomi erano : stanchezza, colpi di calore notturni. Al momento della diagnosi la milza aveva dimensioni doppie rispetto al normale. In questo momento si trova in ospedale e viene trattata con mg400 di Glivec da 3 giorni. Vorrei avere maggiori informazioni sulla sopravvivenza con questo tipo di malattia.Grazie.

Anonimo

 

 Risposta  

La leucemia mieloide cronica aveva una sopravvivenza media di 4-5 anni, si concludeva con una fase terminale acuta detta crisi blastica, e l’unica possibilità concreta di guarigione era l’effettuazione di un trapianto di midollo compatibile. In alternativa, con la terapia con interferone si poteva sperare in una guarigione in non più del 10% dei pazienti. Le frasi precedenti sono coniugate al passato perchè con l’introduzione del Glivec tutto il quadro prognostico si è radicalmente modificato in meglio ed è concreta la speranza di poter guarire una gran parte dei pazienti con l’uso di questo farmaco altamente innovativo. Essendo utilizzato solo da pochi anni non è possibile sapere che percentuale di guarigione definitiva si potrà ottenere, ma possiamo essere ottimisti sapendo già che il Glivec ha ottenuto la scomparsa dei segni di malattia nel midollo in percentuali variabili sia in pazienti nella fase terminale o preterminale della malattia, sia in pazienti nella fase cronica ma refrattari alla terapia con interferone, sia ancora in pazienti recidivati dopo trapianto di midollo. Sarà utile, per giudicare precocemente l’andamento della terapia, controllarne gli effetti dopo tre e sei mesi sui cromosomi delle cellule midollari e sul livello dell’oncogene bcrabl, quantificabile anche sul sangue. Questo oncogene costituisce il miglior marcatore della presenza della malattia anche in tracce minime e la sua riduzione o scomparsa sembra correlare con la possibilità di guarigione completa.

Con i migliori auguri

Leucemia mieloide cronica

Sono il fratello di un ragazzo di 32 anni, che sotto l’albero quest’anno ha “trovato” una LMC.Ho letto del Glivec e del trapianto, ma nel frattempo(e spero che sia tanto) lui può continuare a vivere come prima? o deve modificare stile di vita radicalmente?

Grazie.

Anonimo

 

Risposta 

La qualità di vita dei pazienti in terapia con Glivec è in genere normale e non sono richieste particolari precauzioni da parte del paziente.Diverso è il discorso se il paziente dovesse richiedere un trapianto di midollo da donatore, che è procedura che altera la qualità di vita da quindici giorni prima a uno-tre mesi dopo la sua esecuzione e può peggiorarla anche definitivamente nei casi in cui, pur essendo guarita la leucemia, si instaura una malattia da rigetto cronico trapianto-controospite (GVHD).

Auguri

Leucemia mieloide cronica

A mia mamma di 69 anni nel marzo 2002 è stata diagnosticata la leucemia mieloide cronica.Attualmente è in terapia con il Glivec dal 29/9/02. Dopo una prima risposta a livello ematologico c’è stato un miglioramento anche a livello citogenetico, ma all’esame del midollo del 1/10/03 si è evidenziata la seguente situazione: Riarrangiamento BCR-ABL t(9;22)(q34;q11)p210(b2a2) con segnale “debole”, copie BCR-ABL: 1949. All’esame del sangue del 25/11/03 sono comparse delle cellule immature nel sangue (blasti 1%), cosa significa? La malattia sta degenerando?

Quali possibilità ci sono di ripresa? Mia mamma attualmente è completamente asintomatica, e gli esami ematochimici sono nella norma. Come mai hanno aumentato la dose del Glivec da 400 mg a 600 mg? Significa che la malattia è peggiorata?
Grazie

Anonimo

Risposta

Blasti nel sangue dei pazienti con LMC possono essere presenti sia all’esordio che durante la fase cronica e il loro numero costituisce uno dei cinque parametri prognostici considerati per classificare i pazienti in diverse categorie di rischio. La percentuale dell’1% è da considerarsi bassa, ma è strano che si segnali la presenza di blasti in una paziente che sta andando bene e nella quale il trascritto bcr-abl, che è un marcatore molto più fine della presenza di blasti, dia un segnale di presenza debole (non sono in grado di giudicare il livello quantitativo). Va detto anche che il giudizio microscopico della presenza di blasti può non essere affidabile al 100% e meriterebbe almeno una riconferma viste le discrepanze fra i diversi dati. L’aumento del dosaggio del Glivec sembra comunque da riferire alla segnalazione dei blasti (sarebbe utile conoscere anche i risultati della citogenetica). Risulta infatti da alcuni studi che un dosaggio più elevato di Glivec è in grado di controllare meglio le LMC a prognosi meno favorevole.

Cordialmente.